Dachau, un nome che stimola paure ed un immaginario dell´orrore unico, qualsiasi sia la nostra età.
La S-Bahn si ferma alla stazione di Dachau, e scendendo, tutto attorno sembra normale, sembra avere cancellato gli orrori della guerra.
Ma basta salire sul Bus che ti accompagnerà nei pressi del Lager, per capire perché il nome della città resterà per sempre legato indissolubilmente al campo di concentramento.
Quando arrivi davanti al cancello e leggi la scritta: „Arbeit macht frei“ (il lavoro rende liberi), un brivido ti scende lungo la schiena.
É come se non sapessi più dove finisce la realtà e comincia leggenda.
Già….
Perché conoscendo il popolo bavarese, ti chiedi ancora prima di entrare: “Come é stato possibile tutto ciò?”.
Il silenzio inquietante, la nebbia sottile, il freddo tagliente….
Sembra quasi di sentire in lontananza le urla dei soldati e i lamenti dei prigionieri.
Davanti quel monumento all´orrore, hai l´impressione di sentire i pianti dei bambini che vengono separati dai loro genitori, di sentire il fuoco che scoppia mentre brucia le carni delle vittime di questa assurdità….
Siamo a Dachau!
Paesino a 15 km da Monaco di Baviera, bello, accogliente, ma famoso solo per una cosa, purtroppo:
qui fu aperto il primo Campo di Concentramento nazista, per volere di Heinrich Himmler, il 22 marzo 1933.
E solo dopo 1 anno e mezzo erano già internati centinaia di dissidenti politici, partigiani e ribelli tedeschi, Testimoni di Geova, Pentecostali, zingari ed omosessuali.
Nel 1938 cominciarono ad affluire nelle stanze del Campo di Dachau anche Ebrei e Polacchi.
Di tutti questi, oltre 43.000 trovarono la morte.
Non una morte “naturale” o semplicemente violenta… trovarono una morte sofferta, quasi implorata, desiderata.
La nostra guida, mentre spiega tutte queste agghiaccianti informazioni, lo fa con voce sommessa, con un rispetto surreale, quasi come si senta in colpa per quello che è successo, come se fosse stata lei a dare l´ordine che diede inizio a quell´ assurdità.
Ci mostra i forni, i “laboratori” medici dove venivano effettuate “ricerche” degne di un film dell´orrore, le stanze dove venivano ammassate le vittime…. il tutto con la testa bassa e con gli occhi lucidi, quasi a dire: “Non è colpa mia…”.
Il peso che porta il popolo bavarese é immenso. Anche loro non riescono a credere a quanto sia successo, come sia stato possibile permetterlo.
Non voglio dilungarmi nella descrizione del posto…. c´é poco da spiegare, ma una cosa l´ho intuita, e questa la voglio condividere.
I bavaresi non hanno dimenticato il crimine dei loro “padri”, anzi, se ne vergognano sul serio, e sanno che sarà una macchia indelebile… forse anche noi italiani dovremmo ricordare un po’ di più la nostra storia, anche quella più orribile, quella in cui anche i nostri “padri” appoggiarono tanto orrore e contribuirono perché tale scempio fosse perpetrato.
Ma si sa…. noi Italiani abbiamo la memoria corta, purtroppo.